venerdì 16 gennaio 2009

Nel 1982 un'équipe di ricerca dell'Università di Parigi, diretta dal fisico Alain Aspect, ha condotto quello che potrebbe rivelarsi il più importante esperimento del 20° secolo. Aspect ed il suo team hanno infatti scoperto che, sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l'altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. È come se ogni singola particella sapesse esattamente cosa stiano facendo tutte le altre.David Bohm, noto fisico dell'Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste.Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l'acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario. Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed indivisibile quanto la nostra rosa. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l'universo stesso è una proiezione, un ologramma.Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un'infinità di ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l'universo col termine "olomovimento".

3 commenti:

  1. Finalmente il post! Allora complimenti per questo nuovo blog, con fotografie inedite e anche sorprendenti. Mi piacciono moltissimo, è un tuo nuovo stile che non conoscevo, bravo! Si potrebbe fare una mostra e portarla in giro su grande formato... che ne dici?. Spero di vederne delle altre. Grande Sergio.

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  2. grazie roberto,prossimamente appena avrò completato la descrizione del pensiero che c'è dietro queste immagini sarà tutto più chiaro,per adesso ti posso dire che la realtà come siamo abituati a percepirla probabilmente dovrà essere modificata ,forse è solo convenzione,abitudine,routine,insomma la domanda è:siamo sicuri che la realtà che "vediamo" non sia condizionata dal nostro pensiero collettivo?come a dire vedo quello che voglio vedere.

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  3. E' un discorso assai difficile e probabilmente senza vie d'uscita. Filosofia pura. La mia domanda è questa: anche ammesso che l'uomo vede in modo non oggettivo, bensì soggettivo e quindi vede quello che vuole vedere, se questa condizione appartiene a tutto il genere umano ed è così di fatto, inutile porsi la domanda giusto? Anche fare tentativi che mirino a destrutturare tutto questo, usando tecniche di ripresa o di esposizione la soluzione non solo non la si trova , ma si aggrava la domanda. Anche tu fotografando questa porzioni di realtà "altra" hai agito in modo soggettivo, cioè hai voluto vedere quello che volevi vedere tu e solo tu. L'artificio fotografico che hai usato è tuo non di tutti. Allora vedi che non c'è soluzione? L'unica sarebbe se si riuscisse a vedere dentro i pensieri, di un essere primordiale, cioè prima che i condizionamenti culturali ci imponessero una decifrazione omologante della realtà. Sotto forma di "convenzione" Roberto

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